Antefatto:
è importante studiare come il denaro è relazionato non solo alla sessualità .. ma alla possibilità che vi sia memoria e quindi identità.. leggete il seguito e troverete cose che vi potranno salvare la vita! .. grazie per ciò che fate.. poiché siamo un organismo collettivo..
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Grillo Verde Ho ascoltato con grande interesse la relazione dell’ing. Valentino De Santi:
Consiglio di studiare i fatti storici della teoria circuitista perché mi sembra che De Santi trascuri alcuni fatti importanti.
Dico subito le mie critiche:
Il caso della moneta complementare è solo un caso particolare della teoria circuitista, infatti la tesi fondamentale della teoria circuitista è che “la moneta non esiste (non genera ricchezza) se non circola” dimostrazione: se prendo denaro, oro, o merci e li tolgo dal circuito è come se tali generi materiali non esistessero e quindi non alterano il sistema sociale.
Detto ciò cosa fa la teoria circuitista? .. dice .. se io metto una sollecitazione a non tenere i soldi in tasca e -invece- a spenderli .. allora.. creo ricchezza! .. e trova l’uovo di colombo nel fare svalutare il denaro per chi non lo fa girare .. e nello specifico introduce un cosiddetto “tasso di interesse negativo” che sostanzialmente si traduce nel dovere aggiungere dei soldi con dei bolli, o dei versamenti a chi detiene in deposito moneta o beni, perché questi possano essere commerciati (o su base annuale o su base mensile).
Come si vede è un caso più generale della teoria della moneta complementare che si intende, come complementare, la moneta su base locale.
L’equivoco nasce dal fatto che le uniche sperimentazioni storiche sono avvenute con una moneta complementare su base locale come è rilevabile dal link(lo aggiungo nel seguito) di analisi storica delle fonti che risalgono ad epoca ben antecedente a quelle citate da De Santi (in Austria), ma in generale vi sono state e vi sono ancora esperimentazioni ufficiali o clandestine tuttoggi laddove ad esempio in Cina vi è una moneta su base locale per il commercio interno e su base planetaria per il commercio esterno alla Cina, oppure il mercato nero delle monete estere sia in Cina, ma anche in molti altri paesi. Infatti quando nel cambio di una merce una autorità agisce in modo leonino e non equilibrato è fatale che alcuni studino il metodo di creare un circuito parallelo che sfrutti la anomalia di considerare un oggetto di valore differente ed imposto a quello che sarebbe il valore reale se fosse commerciato su un mercato diverso.
Detto tutto ciò per ancorarsi a non reinventare la ruota e accedere alle fonti storiche che esaminano la tematica che stiamo discutendo, vengo alle critiche.
Ogni moneta si basa su due gambe che la sostengono:
1) la irriproducibilità (teorica, e quanto più effettuale) del supporto monetario al fine che solo una autorità abilitata possa emettere moneta.
2) la autorità statuale che rende legittimo il corso legale solo in capo a chi agisca su tale sovranità riconosciuta da tutti coloro che riconoscono quella moneta come di corso legale.
Se abbiamo ben chiaro questi due punti precedenti si vedrà che tutte le sperimentazioni storiche sono fallite non perché la moneta complementare con tecniche di interesse negativo o di procedure di sconto non siano di successo .. ma proprio perché funzionano .. ma paradossalmente proprio perché funzionano tagliano fuori il circuito PRIMARIO!
E’ in questa constatazione di essere tagliati fuori che il circuito primario recede dalla possibilità di abilitazione del circuito secondario e accusa per esempio Auriti -che perde la causa contro la Banca di Italia- di raccolta illegittima di risparmio privato.
Ma poiché a me non piace fare semplicemente critiche ma dare proposte reali di fattibilità che sappiano superare i problemi, deformazione professionale tipica dell’ingegnere: dico che c’è INVECE un modo di riprendere il bandolo della matassa ed è anche concettualmente molto semplice!
E’ la gamba politica degli organismi di controllo sulla autorità delegata alla sorveglianza sul sistema di emissione che va recuperata.
Anche qui evitiamo di reinventarci la ruota se la ruota è già stata inventata .. è un funzionario (il ministro del tesoro) di un governo legittimo (eletto democraticamente) che da le direttive a chi emette moneta in nome della sovranità popolare che la usa.
Questo meccanismo nelle democrazie e persino delle dittature (purché la moneta sia a vantaggio di tutti e non solo dei ricchi) ha sempre funzionato da quando il pianeta esiste!
Questo meccanismo è stato crakkato in tutta l’area euro, esclusa la Inghilterra la cui massoneria è tra i principali responsabili della situazione attuale, esattamente come spiega Nino Galloni nel video seguente:
Quindi -il crak- è avvenuto rendendo una lobby autonoma dal potere politico legittimo delegato alla gestione della emissione monetaria.
Come si rimette sui binari una sistema equilibrato così devastato come lo è oggi?
con una azione politica. -
Grillo Verde LEZIONI DI STORIA MONETARIA (pag.1)
di Silvano Borruso
Se la storia dev’esser maestra di vita, la discussione in corso sul fenomeno dilagante delle valute sociali di scambio, non può portar molto lontano se basata su dati di fatto vaghi o addirittura falsi. Volgiamo quindi lo sguardo indietro di 70 anni, per mettere a fuoco eventi reali che possano aiutare a evitare gli errori del passato.
Protagonista della nostra storia è il tirolese Michael Unterguggenberger (1884-1936), borgomastro della cittadina austriaca di Wörgl, nodo ferroviario nella provincia del Vorarlberg.
Era il luglio del 1932. In seguito a una politica globale deflazionista mai dovutamente spiegata e falsamente attribuita al collasso della borsa di New York di tre anni prima, la moneta scarseggiava, le intraprese chiudevano i battenti e infuriava la disoccupazione. La cittadina di poco più di 4000 abitanti e dintorni già contava 1500 disoccupati, che inutilmente si rivolgevano al borgomastro per aiuti che non potevano venire da nessuna parte.
Però il nostro, ex-meccanico e ferroviere, aveva letto, oltre che Marx e compagnia, anche il loro antidoto: Die Natürliche Wirtschaftsordnung (Nuovo Ordine Economico) di Silvio Gesell (1862-1930). Costui, beffandosi tanto di Marx quanto di Adam Smith, puntava il dito su un disordine strutturale incredibilmente non individuato durante 26 secoli.
Esiste infatti una contraddizione inerente tra le due funzioni monetarie di intermediarietà negli scambi e porta valori nello spazio e nel tempo, ma sopratutto nello spazio. E’ evidente che denaro negli anfratti di un portafoglio o incettato in un conto di risparmio a lungo termine non viene scambiato e viceversa. Che nessuno prima di lui se ne fosse accorto è un mistero che non tenterò neanche di cominciare a chiarire. Il fatto è che Gesell se ne accorse, come si accorse che questa contraddizione fosse causa storica primaria di crisi economiche e politiche, guerre, rivoluzioni, lotte di classe, povertà nel bel mezzo dell’abbondanza, in breve della questione sociale. Alla fine della Grande Guerra, nel 1918, in una lettera al giornale berlinese Zeitung am Mittag scriveva:
Nonostante le sacre promesse di tutte le nazioni di bandire la guerra una volta per tutte, nonostante l’urlo delle masse “Mai più guerra”, nonostante le speranze di un futuro migliore, consti quello che dico: se il sistema monetario attuale, basato sull’interesse semplice e composto, rimane operativo, oso predire oggi che non passeranno 25 anni prima che venga un’altra, molto più terribile guerra. Ne vedo lo sviluppo chiaramente. Il grado dell’attuale progresso tecnologico porterà rapidamente a risultati industriali da record. La capitalizzazione sarà rapida nonostante le enormi perdite belliche, e la sovraproduzione abbasserà il tasso di interesse. Il denaro comincerà ad essere accaparrato. L’attività economica diminuirà e un numero crescente di disoccupati vagabonderà per le strade. Come prima, si cercherà di occupare territorio e fabbricare armi per lo scopo, giustificando l’operazione col dovere dare lavoro ai disoccupati. Si formeranno movimenti rivoluzionari selvaggi tra le masse scontente e fiorirà la pianta velenosa dell’estremo nazionalismo. Le nazioni non si capiranno a vicenda e alla fine non potrà che scoppiare un’altra guerra.
Il borgomastro dal lungo cognome aveva vissuto in semipovertà le crisi del 1907-08 e del 1912-14, durante le quali aveva contratto la tubercolosi che lo avrebbe portato alla tomba a 52 anni. Però conosceva il rimedio, e si mise all’opera.
Dopo un paziente lavoro di avvicinamento e di convinzione presso piccoli impresari, negozianti e professionisti di Wörgl, il 5 luglio lesse ad alta voce il suo programma di soccorso per ristrettezze economiche:
La causa principale del barcollo dell’economia è la bassa velocità di circolazione della moneta. Come intermediaria di scambi, la moneta progressivamente sparisce dalle mani dei lavoratori. Filtra invece negli alvei dove scorre l’interesse, finendo con l’accumularsi nelle mani di pochi, che non la riversano sul mercato per acquistarvi beni e servizi. La trattengono invece per specularvi su.
Il municipio emise quindi la sua moneta. La chiamò Bestätigter Arbeitswerte o Certificati di Lavoro con un valore alla pari con lo scellino ufficiale, ma con una differenza capitale: ogni certificato per 1, 5 e 10 scellini, pur mantenendo un potere d’acquisto stabile, scadeva dopo un mese dalla data di emissione, a meno di non rinnovarne la validità applicandogli su un francobollo del valore dell’1% sul nominale, acquistabile in municipio. Questo, da parte sua, avrebbe accettato i certificati in pagamento di imposte.
Chi non voleva spendere, poteva mantenere il valore dei suoi certificati depositandoli in banca, a 0% interesse. Al contrario, la banca non vedeva l’ora di sbarazzarsene per non dover pagare la tassa di magazzinaggio. E se ne sbarazzava o prestando a chi voleva investire o pagando salari e servizi.
Chi poi voleva cambiare certificati in scellini ufficiali poteva farlo in qualsiasi momento, con uno sconto del 5% sul valore nominale. Così non si trattava di moneta “alternativa”, ma “complementare”. Nessuno era obbligato ad accettarla, neanche lo scassinatore che nottetempo trafugò moneta ufficiale lasciando intatti i certificati trovati nell’abitazione dove era penetrato. -
Grillo Verde pag.2
In tutto, il municipio fece stampare biglietti per un valore di 32 000 scellini, ma in pratica ne usò meno di un quarto. La circolazione raggiunse una media di 5300 scellini, cioè un irrisorio due scellini o meno a persona, che però procurarono lavoro, redditi e profitti ai cittadini di Wörgl più di quanto facessero i 150 scellini a persona emessi dalla Banca Nazionale. Come aveva predetto Gesell, la velocità di circolazione era l’importante: cambiando mani circa 500 volte in 14 mesi, contro le 6-8 volte della moneta nazionale, i 5 000 scellini di certificati di Wörgl fecero muovere beni e servizi per ben due milioni e mezzo di scellini. Il municipio, con le casse continuamente riempite da un lato e svuotate dall’altro, construì un ponte sul fiume Inn, asfaltò quattro strade, rinnovò le fognature e le installazioni elettriche, e si permise anche di costruire un trampolino per salto con sci. Per avere un’idea del potere di acquisto, basta sapere che lo stipendio del borgomastro era in quella data di 1 800 scellini mensili.
Al principio alcuni ridevano, altri gridavano alla frode o sospettavano contraffazione. Ma vedendo che i prezzi non aumentavano, che la prosperità cresceva e che le tasse venivano pagate in anticipo e immediatamente spese per lavori e servizi pubblici, i ghigni si trasformarono ben presto in espressioni di stupore e i lazzi in voglia di imitazione. La vicina Kitzbühel, famosa stazione sciistica, aveva prima cominciato ad accettare i certificati di Wörgl, e il 1 gennaio 1933 emesso 3 000 scellini di certificati suoi propri. Circa 300 000 cittadini della provincia non vedevano l’ora di estenderne l’esperimento.
Però Mammona non dormiva. Unterguggenberger non aveva usato il nome “certificato” per niente: sapeva che se si fosse azzardato a chiamarli “moneta” sarebbe incorso nelle ire della Banca Nazionale l’indomani stesso.
Nel frattempo Wörgl era diventata il centro di pellegrinaggi da parte di macroeconomisti di tutte le tendenze e colori. Tutti volevano vedere “il miracolo” della prosperità locale che sfidava la miseria e disoccupazione globali.
Il 19 agosto del 1932 il Dott. Rintelen, membro del Governo, riceveva una delegazione capitanata dal borgomastro. Durante l’incontro dovette ammettere che la Banca Nazionale aveva ridotto l’emissione di moneta da una media di 1 067 milioni di scellini nel 1928 a una di 872 nel 1933. E chiaramente vide che i certificati facevano ricchezza e che non c’era ragione per interrompere l’esperimento.
Mammona però aveva i suoi “scienziati” alla Banca Nazionale, intenti a “provare” che l’esperimento doveva essere proibito.
Ecco le ragioni “scientifiche” della proibizione:
Benchè l’emissione di certificati di lavoro sembri avallata al 100% da una quantità equivalente di moneta ufficiale austriaca, le autorità sovrintendenti, cominciando dall’area amministrativa di Kufstein fino all’ufficio governativo del Tirolo, non devono permettersi di sentirsi soddisfatte. La cittadina di Wörgl ha ecceduto i suoi poteri, dato che il diritto di emettere moneta in Austria è privilegio esclusivo della Banca Nazionale, come per art. 122 del suo statuto. Wörgl ha violato quella legge.
La proibizione entrò in forza il 15 settembre 1933, però Wörgl appellò. Il 15 novembre il caso raggiunse la Corte Suprema, che manco a dirlo cassò l’appello mettendo così fine all’esperimento.
La storia di Wörgl è nota nei suoi particolari grazie a Fritz Schwartz, testimonio oculare che ne scrisse i particolari in un libro pubblicato nel 1951. Tre anni prima un esperimento meno noto, però non meno riuscito, aveva avuto luogo a Schwanenberg, in Germania. Un certo Dr Hebecker, padrone di una miniera di carbone, stava per chiudere i battenti. Disse ai suoi impiegati che aveva carbone, ma non denaro. Sarebbero stati disposti ad accettare il 90% del salario in moneta propria chiamata Wära e redimibile in carbone? Non c’era tanta scelta. Anche il Wära aveva una sua tassa di magazzinaggio che ne favoriva la circolazione rapida, ma purtroppo non ebbe un cronista come Schwartz. Quello che si sa è che Mammona, nelle vesti del Cancelliere Heinrich Brüning (1885-1970) non perdette tempo a cassare Schwanenberg e a passare decreti-legge di emergenza che ancora oggi proibiscono l’emissione di qualsiasi moneta non ufficiale.
Tornarono la disoccupazione, la miseria e la fame. Nelle Bierhallen bavaresi un oscuro immigrante austriaco cominciava a farsi notare. Si chiamava Adolf Hitler. E’ impossibile affermare -o negare- che il secondo conflitto mondiale sarebbe stato evitato solo con il permettere la continuazione di Schwanenberg and Wörgl. Il dato di fatto è che furono i voti dei disoccupati a portare Hitler al potere.
Non si creda che Mammona fosse all’erta solo nei due luoghi descritti. Il 24 maggio del 1933 Unterguggenberger aveva tenuto una conferenza davanti a 1000 persone in Winterthur, nella superdemocratica Svizzera. Per il 3 settembre l’Associazione per una Economia Libera lo aveva invitato a ripeterla, ma ecco che Mammona, nella veste del Procuratore di Stato, gli negò il visto di entrata. Meraviglie della libertà di espressione!
Lezioni per il presente
Tutta l’informazione di cui sopra sarebbe rimasta sepolta in libri e riviste più o meno ammuffiti se il miracolo dell’Internet non l’avesse portata all’aria libera davanti a milioni di ricettori, e per di più in tempo reale. E’ un dato di fatto che l’interesse per le valute sociali è ormai globale, e inarrestabile. E’ importante quindi avere idee chiare circa le ragioni dei successi e dei fallimenti del passato.
I successi dei due esperimenti sono innegabili, ed è inutile ripeterli. Sono quattro le ragioni per il loro fallimento.
La ragione prima del fallimento fu l’ostilità aperta di Mammona, sulla quale vale la pena soffermarsi. La Grande Guerra aveva tolto tutte le illusioni che potessero esser rimaste circa il sistema aureo, col suo preteso collegamento tra la moneta e i metalli preziosi. Mammona forzò il ritorno al sistema aureo nel 1925, causando il grande sciopero generale del 1926 e l’abbandono del sistema da parte della Gran Bretagna, seguita da un paese dopo l’altro.
Come Gesell aveva predetto per fine e per segno, era questione di tempo prima che scoppiasse un’altra guerra, e così fu. -
Grillo Verde pag. 3
A Bretton Woods si arrivò dopo lunghe trattative a un accordo, che non fece che sostituire il dollaro USA all’oro, forzandone l’uso come valuta di riserva. Per evitare una nuova crisi, John Maynard Keynes (1883-1946) escogitò il sistema di spesa deficitaria come stimolante dell’economia. A breve termine la cosa funzionò, ma c’era già chi gli chiedeva cosa sarebbe successo a lungo termine. Da buon economista, Keynes rispose evasivamente: “A lungo termine saremo tutti morti”. Certo. Però a 60 anni di distanza non c’è bisogno di esser un genio per accorgersi del danno enorme che la svalutazione furtiva della moneta continua a causare: il dollaro USA compra oggi quello che compravano 10 centesimi mezzo secolo fa, e il franco svizzero, che si vanta di essere la moneta più stabile del mondo, compra quello che compravano 20 centesimi.
E’ vero che de mortuis nil nisi bonum, però è difficile esonerare l’uomo col pretenderne l’ignoranza. I lettori possono servirsi dei seguenti due dati di fatto.
1. Keynes aveva letto Gesell, tanto da citarlo nella sua Teoria Generale come segue: “Il futuro apprenderà più dallo spirito di Gesell che da quello di Marx”. Non si sa se a Bretton Woods ne avesse proposto anche la teoria o no.
2. Keynes otteneva un reddito personale non disprezzabile con la speculazione. Lo faceva prima di colazione, con un paio di telefonate ai suoi agenti di cambio.
Nonostante ciò, ha avuto il merito di prolungare l’intervallo tra una crisi e l’altra da 20-25 a 60-? anni. Siamo quindi al lumicino, e sembra urgente entrare in azione.
Mammona ebbe ragione su Hebecker e Unterguggenberger semplicemente perchè non esisteva Internet. Oggi basterebbe che le forze esistenti in favore delle valute sociali attuino contemporaneamente, senza neanche bisogno di farlo in maniera uniforme, per sconfiggere Mammona riducendolo da padrone a servo dell’economia.
La seconda ragione del fallimento fu (meglio, sarebbe stata) l’1% mensile di commissione di magazzinaggio, ammontante al 12% annuale. Gesell aveva proposto un 5,2% annuale, cioè l’uno per mille per settimana. Gli uomini d’affari di Wörgl accettarono la cifra a malincuore proprio perchè non esisteva un’alternativa. Il fattore critico è il giusto mezzo tra il rigetto completo, che occorrerebbe con una percentuale di poco più del 12%, e la tentazione di accaparrare, che occorrerebbe con una percentuale di meno del 3%. Qui sono opportune due considerazioni.
Una: l’imposta di magazzinaggio è caratteristica essenziale per il successo di una valuta sociale. Dove questa non si è applicata, il sistema ha funzionato a termine corto, per illanguidirsi e morire a lungo termine.
Due: il fallimento del sistema fu clamoroso negli Stati Uniti, colà esportato dall’insigne (?) economista Prof. Irving Fisher (1867-1947). Costui propose un mostruoso 2% per settimana, o 104% annuale. Il rigetto fu quindi istantaneo e totale. Se lo fece per ignoranza o apposta per gettar discredito sul sistema non ci è dato saperlo. Ciò che si sa è che il presidente Roosevelt non tardò molto a seguire la scia di Brüning nel proibire valute sociali anche negli USA.
La terza ragione fu l’aver fissato il valore dei certificati a quello dello scellino ufficiale. Perchè una moneta abbia potere d’acquisto costante, è necessario che abbia anche misura di valore costante. I certificati di Wörgl non l’avevano. Questo valore potrebbe essere quello del potere d’acquisto conosciuto di una certa moneta nel tempo (il dollaro del 1970 ecc.) o un indice di prezzi di un certo numero di prodotti base o di oggetti di prima necessità, ecc. Il che vuol dire che una data valuta sociale vedrebbe la moneta ufficiale progressivamente svalutarsi rispetto ad essa: gradualmente in tempi ordinari, catastroficamente in tempo di crisi.
La quarta e ultima ragione fu il tempo di attuazione. Il luglio del 1932 era già tardi. La disoccupazione scese, ma non del 100%. Le piccole industrie già chiuse non riaprirono: solo quelle che erano ancora aperte ebbero nuove prospettive di vita, ridando lavoro al 25% dei disoccupati. Ecco perchè sarebbe bene non aspettare il collasso del sistema prima di varare un progetto di valuta sociale.
In fine si dica una volta per tutte che la ragione ultima -e centrale- per progetti di questo tipo è risolvere la questione sociale con uno strumento pacifico e alla portata del popolo senza interventi burocratici di alcun tipo. E’ questione di mettere la fionda di David nelle mani di chi può capire. Chi vivrà, vedrà.
LA MONETA NELLA TEORIA DELLE GRAMMATICHE FORMALI
(del dott. ing. Lino Tufano)
Definizione accademica del denaro e introduzione alle grammatiche formali
pag 15 cit (La Moneta di Andrea Terzi ed. Il Mulino)
def.1: “la moneta è l’unità di misura del valore dei contratti“.
Mi ricorda questa tiritera la domanda che sentii all’esame di Calcolatori Elettronici presso la facoltà di Automatica (ingegneria).
La domanda era così formulata:
D:
Cosa è un numero?
E il candiato a superare l’esame continuava a esprimere un modo o una rappresentazione ma il professore continuava a dirsi insoddisfatto.
Ve la faccio breve: alla fine dell’esame il candidato chiese dopo avere fatto scrivere il voto con cui superava l’esame .. “professore .. ma quale era la risposta giusta?”
Ed il prof: “il numero è una classe di equivalenza”.
Io che assistevo all’esame e che avevo studiato anche esami fuori dal mio piano di studi come gli esami di “logica formale” non rimasi soddisfatto dalla risposta del professore (era l’assistente in vero) e andai a parlare con la massima autorità presso l’università in campo matematico e mio professore di analisi III (detta complementi di Analisi Matematica) il mitico professor Ossicini (mitico perché si mise a verificare se la mia soluzione del compito di esame scritta in forma parametrica poi dava il numero della soluzione che diceva lui e mi fece i complimenti perché effettivamente avevo trovato un caso generale della soluzione di un integrale).
Gli chiesi .. professore a me non risulta che un numero sia una classe di equivalenza, dove dicesi classe di equivalenza un insieme i cui elementi sono costituiti da una regola detta di equivalenza.
A me risulta che un numero “non è una classe ma la genera”: a me risulta che un numero è un ente matematico astratto in grado, quando è un numero, di generare una classe di equivalenza, ma non di esserlo l’ente stesso, perché il numero agisce come un operatore e non è il risultato della applicazione dell’operazione, ma casomai il risultato è una rappresentazione numerica della applicazione di quell’operatore.
Fu breve il mio caro professore Ossicini: non c’è niente da aggiungere .. hai ragione tu.
Perché questo amarcord?
Perché nella definizione di denaro c’è un errore grosso come una casa: il denaro non è una unità di misura, ma un ente in grado di generare una rappresentazione, una reificazione, laddove vi sia una regola tramite cui è istituito.
Ossia un qualunque concetto primo -essendo primo- non può essere definito da altri concetti più primitivi essendo il concetto primitivo per ipotesi.
In tale caso per evitare le definizioni ricorsive ossia che utilizzano il concetto stesso per definire ciò che dovrebbe prescindere dal concetto stesso, si usa una epistematica.
Dicesi epistematica una tecnica di epistemologia, ossia una tecnica cognitiva, che si estrinseca tramite una procedura.
Quindi
1) si da un nome all’ente
2) si connota l’ente tramite il come l’ente agisce.
Usiamo l’epistematica per definire -ad esempio- l’operatore di somma
1) si da un nome all’ente: “+”
(ma potremmo usare anche un diverso simbolo perché non è essenziale il nome ma come quel nome o simbolo agisce)
2) si connota l’ente tramite il come l’ente agisce, ad esempio:
(in ipotesi di due soli simboli, 0 e 1, quindi in logica binaria)
00+00=000
00+01=001
00+10=010
00+11=011
01+00=001
01+01=010
01+10=011
01+11=100
10+00=010
10+01=011
10+10=100
10+11=101
11+00=011
11+01=100
11+10=101
11+11=110
Quindi si distingue l’operatore di addizione (+) dal come l’addizione si esplica quando l’operatore è applicato.
–
Analogamente per il denaro
1) si connota l’ente: ad esempio D (come denaro)
2) si connota l’ente tramite il come l’ente agisce.
pg. 15:
def. 2: “è il mezzo D che estingue il debito” vedi la dispensa indicata da Paolo Tumolo
Ossia Sergio deve dare un bene a Giorgio, ad esempio una mucca.
Sergio chiede a Giorgio se al posto della mucca gli può dare un supporto che indichi il valore della mucca tanto che sia convenuto come multiplo di una unità di riferimento presa a campione.
D estingue il debito non ineluttabilmente ma perché esiste un contratto non solo tra Sergio e Giorgio, ma perché esiste una autorità in grado di fare rispettare quel contratto, poiché Giorgio non spenderà quel D in qualunque situazione, ma solo se ci sarà chi accetterà D (grazie ad un terzo, una terza persona) quindi grazie alla autorità che dice che D è il supporto valido agli scambi rispetto a una unità presa a riferimento.
Ergo il denaro è una cosa che non si esaurisce né nella def. 1, e né nella def. 2, ma nel complesso della def. 1 e della def. 2 con la epistematica sopra sottointesa (di tipo “regola” in matematica o “contratto” in economia).
cvd.